Racconto di un’esperienza di volontariato con Legambiente

Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, si dice. Tra il fare il volontario in un circolo Legambiente e fare un campo di volontariato c’è di mezzo il mar Mediterraneo, o almeno quel tratto tra Palermo e Ustica. Ustica è un’isola vera, un’isola isolata, sola nel mezzo del mare. A un paio d’ore da Palermo, ma essendo un paio d’ore di mare possono diventare quatto o possono pure diventare impraticabili. Abbiamo rischiato anche noi di non tornare il giorno previsto.

Ustica è nera e verde, si possono vedere sempre sia l’alba che il tramonto. Ustica è tonda e si gira in un pomeriggio, vista dal suo punto più alto è ordinata e coltivata: orti, alberi da frutto, ulivi, vigne. Ma questo l’abbiamo scoperto nel corso del nostro soggiorno, un’esperienza di vita comunitaria e di lavoro di gruppo come non ne avevo mai fatte.

È sorprendente e ammirevole come 11 persone, che non si sono mai viste prima e sono diverse per età, geografia e vita si possano amalgamare e sentire parte di un tutto nel giro di poco, pochissimo tempo. Un’alchimia di cui sicuramente il merito principale è del responsabile del campo, Cesare Agostini, innamorato di Ustica è pieno di entusiasmo, di dedizione, di calore.

Per 10 giorni 11 sconosciuti hanno mangiato insieme, lavorato, pulito, cucinato, chiacchierato, riso, condiviso. Alla fine si sentivano 11 amici, e a conclusione del soggiorno si sono sentiti dispiaciuti che si fosse alla fine, e tuttora sentono la mancanza l’uno degli altri. E’ rimasta una chat, in cui ognuno ora posta il suo ritorno alla vita normale, con il bello e con il brutto. Lo scopo del campo di volontariato, detto con parole mie, è restituire al mare la sua purezza di mare.

Ustica ospita un’Area Marina Protetta, istituita nel 1986, di circa 15.000 ettari. E’ suddivisa in 3 zone, con diversi livelli di protezione e accesso. Ci sono due calette in cui si può fare il bagno, e altre zone non praticabili.

Il nostro lavoro, e quello dei campi successivi, è di mantenere e tutelare le spiagge, fare pulizia, sensibilizzare i turisti, fornire informazioni, sulle spiagge ma anche nel centro accoglienza dell’Area Marina Protetta, che si trova nel paese di Ustica, nella piazza principale.

Ma qui vi voglio raccontare quello che ho visto e quello che mi ha colpito. Nell’Area Marina Protetta, sia le cale principali sia le nicchie circostanti, sia la macchia mediterranea sopra le rocce sono piene di spazzatura. Che non si vede al primo sguardo. Un po’ come una casa che sembra pulita ma appena guardate negli angoli e sotto i mobili si rivela lercia. Sotto i sassi delle calette principali si nascondono pezzetti di plastica, cicche di sigaretta, bastoncini di cotton fioc (soprannominati “minchiarelli”), cannucce, brandelli di sacchetti, confezioni, cellophan. Quest’estate si trovavano anche dei dischetti poco più grandi di una moneta da due euro: ce ne sono milioni dispersi in mare. Vengono da un depuratore sulla costa tirrenica, dal cedimento di una vasca.

Nelle nicchie più nascoste, dove non va nessuno ma la risacca porta di tutto, abbiamo trovato bottiglie, scarpe, corde da pesca, pezzi di legno, sedie di plastica, una bombola di gas. E tra le rocce, come tra la sterpaglia lungo la strada, frammenti di polistirolo di tutte le dimensioni, alcuni così incastrati che a mani nude non si riuscivano a togliere.

Il mare ci sta restituendo la nostra spazzatura. Stupidi, davvero stupidi tutti noi, ad aver pensato di poter buttare e dimenticare. La terra è un globo tondo, niente può scomparire. Certo, parecchia plastica si è ridotta, strappata e corrosa fino a diventare invisibile. E ben ci sta, entra nella catena alimentare e ce la rimangiamo. Quella più voluminosa e resistente viaggia per chilometri, trasportata dalla corrente, e atterra qua e là, sulle spiagge e nelle cale, negli anfratti; il polistirolo vola e finisce fra l’erba o gli sterpi.

Non sto dicendo nulla di nuovo, lo so. Ma come sempre un conto è leggere, vedere un film, ascoltare un discorso, e un conto è fare, toccare con mano, fare esperienza.

Che cosa vi vorrei dire con questo post?

Di provare anche voi.

Di far moltiplicare i campi in cui si fa pulizia del mare.

Di stare più attenti quando comprate qualcosa confezionato nella plastica e quando lo buttate via.

Di non scoraggiarvi: se ci diano da fare tutti, ce la possiamo fare.

Di fare la vostra parte: piccola o grande, ma fatta con cura e con convinzione.

Il mare è generoso con noi e anche in questa restituzione si sta mostrando grande: ci dà una chance di ritornare ad una condizione migliore, ci dà una lezione di vita.

Ascoltiamola e seguiamola.