Pubblichiamo con grande piacere il contributo di una volontaria.
Magari tutti speravamo di essere ancora più liberi, in questa fase 2. Ma possiamo accontentarci. E anzi, sarà ancora più bello assaporare pezzettino per pezzettino la riconquista della libertà di spostamento, dopo tante settimane di clausura.
Così, oggi ho ripreso finalmente la bici e ho superato il terribile confine di 200 metri da casa mia. Sono andata subito a vedere poco più in là, non saranno nemmeno 500 metri, l’albero (un liquidambar regalatoci di Anthem) che il nostro circolo ha piantato lo scorso novembre, insieme ai ragazzi di Fridays For Future nel giardino condiviso dalle tre scuole Frisi, Mosè Bianchi e Hensemberger.
Prima ci passavo davanti spesso, e per tutto l’inverno me lo sono guardato, nella speranza che riuscisse a sopravvivere.
E nelle scorse settimane, il mio pensiero continuava ad andare là, al liquidambar delle scuole. Oggi con grande timore ho svoltato l’angolo e l’ho finalmente visto: rigoglioso, forte, pieno di bellissime foglie verdi, sano.
Le scuole sono chiuse, gli studenti non ci sono, lui sta lì da solo, ma si vede che è contento, che aspetta i suoi ragazzi come un paziente custode; si vede che ha capito che si può vivere bene anche stando fermi ed accontentandosi del poco, della luce e dell’acqua che la natura gli offre.
Certo, noi non siamo alberi, non possiamo vivere solo di luce e di acqua, ma forse potremmo pensare di vivere un po’ più fermi, un po’ più disponibili semplicemente a camminare e ad usare la bicicletta alla luce del sole e con l’acqua della pioggia, e a guardarci attorno per osservare la natura che ci circonda. Forse potremmo scoprire che rinunciare a un po’ di automobile ci può offrire aria più pulita , meno rumori assordanti, insomma quella vivibilità cittadina che l’emergenza ci ha fatto inaspettatamente toccare con mano. Forse potremmo anche scoprire che stare fermi come l’alberello delle scuole non è poi tanto male.