ANALISI DI QUANTO SI SA FINORA SUL MASTERPLAN DEL PARCO E VILLA REALE DI MONZA (Versione del 22 OTTOBRE 2022)

Fin dallo scorso febbraio, 18 tra Associazioni e Comitati hanno richiesto ufficialmente più volte agli organi competenti e ai redattori del Masterplan del Parco e Villa Reale di Monza di farne una presentazione pubblica.

I destinatari dell’appello non hanno mai risposto, se non con brevi dichiarazioni alla stampa sul fatto che non si era ancora arrivati a una stesura conclusiva e che sarebbe stata probabilmente realizzata una presentazione del progetto definitivo a primavera.

L’episodica risposta lascia perplessi e preoccupati, non solo perché siamo a primavera e nulla se ne sa ancora, ma soprattutto perché uno dei capisaldi dell’accordo sulla redazione del Masterplan era che si sarebbe coinvolta la cittadinanza in un percorso di partecipazione pubblica in corso d’opera e non in una semplice informazione a scatola ormai chiusa.

Per questa ragione, abbiamo scelto di provvedere noi firmatari alla presentazione pubblica di quanto si sa finora di un Masterplan che, dalle indiscrezioni uscite, rischia di tradursi in un Monsterplan, al quale contrapponiamo una nostra proposta realistica, anticipata da un documento di analisi in tre parti: la visione d’insieme che esce da quanto si è saputo del Masterplan; gli elementi specifici che suscitano maggiore preoccupazione; i limiti del Masterplan come strumento di pianificazione territoriale e la proposta alternativa.

PARTE PRIMA – IL MASTERPLAN: LA VISIONE D’INSIEME

ll Master Plan avrebbe dovuto fornite proposte per il restauro del complesso monumentale Villa Reale e Parco di Monza nei suoi valori storici, culturali, ambientali e di rappresentanza, in modo da renderlo un luogo di attrazione internazionale di alto livello, certificato dalla possibile inclusione tra i beni patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

In realtà, lo scopo prefigurato è contraddetto dall’assenza totale nel Masterplan di una seria ricostruzione storica finalizzata all’individuazione di quale possa essere l’identità del complesso monumentale ai fini di una sua riqualificazione sul piano nazionale e internazionale. Manca una approfondita indagine storica sul monumento e sulle sue relazioni con il contesto esterno, a partire dalla città di Monza e dalla Lombardia fino alla potenziale rilevanza internazionale. Questa carenza è basilare e porta all’incapacità di comprendere l’identità del monumento e, conseguentemente, di formulare una proposta che risponda a una visione nello stesso tempo ancorata al passato e al presente e proiettata nel futuro.

Nessuna risposta a domande come le seguenti: perché Villa e Parco erano qualificati nell’ottocento “Imperial Regi”, e non solo “Reali”? Perché la Villa veniva realizzata in quel momento storico dell’Europa, sconvolta dalla Rivoluzione Francese? Perché per la sua collocazione era stata scelta la città depositaria della Corona Ferrea? Perché orientata tra Vienna e Milano? Perché affidata, per la sua realizzazione, a maestri di alta fama come Giuseppe Piermarini e Luigi Canonica?

La mancanza di una riflessione storica impedisce anche di comprendere come quella che fu e può tornare a essere “l’Imperial Regia Villa e Parco di Monza” ha delle valenze che la pongono molto al di sopra del luogo comune di una “villa di delizia”, di una “tenuta di caccia”, solo un po’ più grande delle ville brianzole dei nobili milanesi.

L’ignoranza della storia e dei valori culturali e ambientali del monumento è anche testimoniata dalla mancanza di qualsiasi riferimento, se non occasionale e fuori contesto, ai suoi committenti e ai suoi creatori. L’effetto conseguente della mancanza di consapevolezza storica si riflette nella pretestuosa identità del complesso monumentale nella fantasiosa contrapposizione tra valori culturali e paesaggistici, da un lato, e naturalistico-ambientali, dall’altro lato che, di fatto, nega la riconosciuta visione unitaria, pur nella diversità dei contenuti, che ha ispirato il disegno di Luigi Canonica. L’incapacità di visione equivale a una negazione e deprezzamento dell’opera del grande urbanista e paesaggista.

Il deprezzamento è implicitamente teorizzato laddove l’interesse europeo e mondiale del monumento viene svilito da una comparazione testuale con una sorta di “Bois De Boulogne milanese” e non con Versailles o Schoenbrunn, modelli di riferimento dei suoi committenti e realizzatori.

I pur formalmente presenti rimandi ai significati storici monzesi e al ripristino dei valori immateriali di prestigio internazionale di cui il Complesso è depositario vengono così contraddetti, al punto da rendere ancor più difficile il riconoscimento di Villa e Parco da parte dell’Unesco.

Mancano i richiami agli studi e ai piani e programmi precedenti: da quelli di Annalisa Calcagno Maniglio, Professore Emerito di architettura del paesaggio dell’Università di Genova, al PRG di Leonardo Benevolo, al “Piano per la Rinascita del parco di Monza” della LR 40/95, al Piano Intercomunale Milanese, al Piano del Consorzio della Valle del Lambro, al “Piano per il recupero e valorizzazione della Villa Reale di Monza e dei Giardini di pertinenza” promosso nel 2004 dalla Regione Lombardia e dal Comune di Monza.

Ne consegue l’impressione di una certa frettolosità che sembra ignorare vicende rilevanti quali l’avvenuto ripristino del viale dei carpini fra le Ville Mirabello e Mirabellino a seguito della eliminazione dell’Ippodromo o il danno rappresentato al disegno del Parco dal mantenimento delle due curve sopraelevate del catino di alta velocità; un ecomostro e un errore ingegneristico che ha comportato l’interruzione dell’asse portante del Parco rappresentato da viale Mirabello. Un rudere pericolante il cui abbattimento è stato previsto da numerosi strumenti urbanistici con l’obiettivo, oltre che di recuperare il fondamentale riferimento paesaggistico del Parco, anche di restituirne 60 ettari alla libera fruizione pubblica.


Anche la storia economica del monumento risente di questa impostazione, in particolare con riferimento alla prima metà del novecento. Non c’è un’analisi approfondita del valore negativo delle devastazioni causate dall’inserimento nel Parco di impianti sportivi fortemente impattanti sotto il profilo paesaggistico e naturalistico, definiti non a caso dall’ex-Soprintendente Lucia Gremmo incompatibili con il complesso monumentale; e soprattutto delle cause dei ripetuti fallimenti di tali impianti, con enormi dilapidazioni di denaro pubblico: dal duplice fallimento del catino di alta velocità dell’autodromo, all’ippodromo, alla piscina, al polo, all’hockey, nonché alla sopravvivenza ingloriosa e stentata del golf e del tennis. Una indagine economica rigorosa avrebbe confermato l’evidenza dei fatti: i ripetuti fallimenti e le sopravvivenze assistite sono dovuti all’assoluta incompatibilità tra le finalità culturali e ambientali del monumento e le esigenze di moderne e adeguate strutture sportive.

In definitiva, nella visione d’insieme che si ricava da quanto svelato del Masterplan, emerge un’esaltazione a parole del complesso monumentale contraddetta nei fatti da un abbandono del disegno che, fra settecento e ottocento, lo ha reso e potrebbe renderlo ancora “Imperial Reggia e Parco” di statura internazionale, a favore di quella perdita di valore e di identità che nel novecento ha consentito di spezzettarlo per ridurlo a contenitore di qualsiasi uso improprio o proprio che fosse, senza alcuna anima.

In particolare viene proposta la distruzione del disegno paesaggistico unitario del Parco di Luigi Canonica, con l’idea folle di una sua spaccatura in due parti separate dal Viale Vedano la parte nord destinata a una “cittadella dello sport”, sostanzialmente a un luna park motoristico e ludico, con la distruzione o segregazione (il che è lo stesso) di parti qualificanti del parco storico come il Viale Mirabello, il Rondò della Stella, il Bosco Bello, il Serraglio dei Cervi, il Viale del Serraglio; la parte sud ridotta a “Parco pubblico” presumibilmente a sua volta riempito di strutture ludico/ristorative standard.

In questa prospettiva si prevede il restauro, per la terza volta falsamente adempiuto, del rudere del catino di alta velocità, fallito due volte, sbagliato dal punto di vista ingegneristico e sportivo, rifiutato da piloti e scuderie, a suo tempo un vulnus per la stessa immagine internazionale dell’autodromo. Un rudere devastante dal punto di vista paesaggistico e ambientale, legittimamente definibile come un “ecomostro” a tutti gli effetti. Il fatto che per questo relitto si parli genericamente di un restauro e/o messa in sicurezza in attesa del suo intervento di “rigenerazione”, è la testimonianza dell’intenzione di avere le mani libere per qualsiasi destinazione; intenzione perniciosa suffragata dall’ignoranza intenzionale dei valori paesaggistici violati, ancora presenti e recuperabili, nella zona devastata dagli interventi novecenteschi, esplicitamente e colpevolmente equiparata a un aeroporto abbandonato!

Mentre in altre regioni si sono recuperati magistralmente quei beni culturali che erano ridotti a un rudere (la Venaria) o a monumenti degradati e destinati a usi impropri (Reggia di Caserta), in Lombardia assistiamo a un rigurgito distruttivo di un complesso monumentale che ancora conserva i lineamenti dell’antico splendore e che era ben avviato al suo riscatto con l’eliminazione dell’ippodromo, la ricongiunzione delle Ville Mirabello e Mirabellino, la ripiantumazione del Viale dei carpini e il recupero della visione delle montagne lombarde, il risanamento paesaggistico e della prospettiva “verso Vienna” dell’area oltre il Ponte delle Catene, la ripiantumazione del Frutteto Matematico, il restauro del corpo centrale della Villa, la previsione, data ormai per scontata da diversi studi, piani, atti formali, della demolizione del catino di alta velocità.

Le proposte relative alla “governance” futura del complesso monumentale suscitano il sospetto che la carenza di studi storici, e la sostanziale distruzione e svalutazione del parco monumentale, siano intenzionali.

Tutto il discorso mira a sostenere a priori che i compiti inerenti alla gestione del complesso monumentale eccedono le possibilità del Consorzio, e quindi di un suo potenziamento in termini qualitativi, organizzativi e quantitativi. Tuttavia, nessuna indagine è stata svolta su altre strutture gestionali di beni culturali e ambientali. Eppure vi sono modelli, come quello de la Venaria Reale, gestita da un Consorzio giuridicamente analogo a quello della Reggia di Monza, perfettamente funzionanti.

Le indagini e le proposte del Masterplan sulla governance sono in realtà una ricerca, volutamente illustrata con un linguaggio ingiustificatamente fumoso, di un supporto normativo all’inserimento nella compagine proprietaria di privati nella forma di un partenariato pubblico/privato. E parlando di “privati”, il riferimento primo, anche se dissimulato, è costituito dai gestori delle grandi concessioni, l’ACI per l’autodromo e il Golf Club Milano per il golf. Lo si teorizza chiaramente con riferimento all’autodromo, laddove si parla di un passaggio dalla concessione onerosa sotto forma di corresponsione di un canone per le funzioni svolte, a una partecipazione alla conservazione dell’intero complesso monumentale e alla sua valorizzazione diretta e per tramite della realizzazione di un surplus monetario da destinarsi alla conservazione del Complesso stesso.

La prospettiva che si fa strada in questa visione è quella di proseguire, aggravandole ulteriormente, nelle scelte novecentesche che hanno portato alla nefanda dipendenza e subordinazione dalle grandi concessioni che hanno potuto dettar legge e, soprattutto, a insinuare la logica del disvalore, dunque, della svendita al peggior offerente, di quello che a parole si esalta come un gioiello, ma nella realtà si liquida come “sterpaglia” (il prato del Mirabello con il Viale dei Carpini e la vista sulle montagne lombarde, frutto della demolizione dell’ippodromo).

PARTE SECONDA – GLI ASPETTI SPECIFICI

La traduzione nella pratica della visione sopra denunciata nel Masterplan preconizza interventi che si mantengono sulla falsariga di quelli novecenteschi, a eccezione di poche ipotesi forse condivisibili, ma non meglio precisate come il riallestimento funzionale del museo della Reggia, la sistemazione del giardino monumentale più antico della Reggia, il restauro e parziale ripristino del reticolo viario del Parco.

Di contro vi si antepone un elemento fortemente negativo con la previsione di una Cittadella dello sport che amplia e consolida la presenza e la consistenza simbolica della valenza sportivo/ricreativa, tanto da inserirla nel Sistema della cultura, come luogo di promozione del Parco, mettendo a sistema gli spazi espositivi già esistenti in quell’area e aggiungendone di nuovi, in analogia con quanto avviene per grandi aree impoverite e dismesse, come le piste di aeroporti. Una visione che servirà a giustificare manifestazioni e interventi (anche strutturali) contrari alle destinazioni d’uso previste nell’atto di cessione dal demanio ai Comuni di Monza e Milano del 1996 il cui art. 8 dispone un utilizzo conforme con la destinazione culturale, didattica e di conservazione del verde dell’intero complesso monumentale.

Un paio di esempi saranno sufficienti: Gerascia e Roccolo destinati ai concerti e per la Fan zone stabile dell’autodromo imposta dalla FIA, com’è parzialmente avvenuto finora, ma questa volta senza rischi di interventi restrittivi e sanzionatori della Procura e possibilità libera di mettere strutture ancor più invasive e semipermanenti e magari superare il divieto della Soprintendenza sull’inserimento di una ruota panoramica nel prato storico del Roccolo, tanto amata dal regionale Fabrizio Sala; interventi di “rigenerazione” delle sopraelevate e ristrutturazione del circuito secondo i desiderata della FIA per mantenere la titolarità del GP (100 milioni di fondi pubblici previsti).

La Cittadella dello Sport ha altresì la funzione di rendere imprescindibili le concessioni sportive (ACI-Autodromo, Golf Club Milano, Tennis Club e forse anche Pista di Hockey ripristinata) per le quali il Masterplan prevede il passaggio dalla concessione onerosa sotto forma di corresponsione di un canone, com’è oggi, a una partecipazione alla conservazione dell’intero complesso monumentale e alla sua valorizzazione diretta tramite la realizzazione di un non meglio chiarito “surplus monetario” da destinarsi alla conservazione del complesso. L’oscurità del testo ne rende evidente la pericolosità: intendono fare di concessionari che nel corso dei decenni si sono rivelati quantomeno scomodi e in molti casi inadempienti (vedi la recentissima vicenda della piantumazione mancata al Golf, ma gli esempi potrebbero essere decine) dei co-gestori del Parco? E il ruolo preminente dell’ente pubblico dove va a finire?

Che lo spirito sia quello di una dismissione progressiva, anziché di un rafforzamento del ruolo della governance attuale, è confermato da alcune altre indicazioni del Masterplan in tema di concessioni, di piano economico/finanziario e di governance. Si ritorna così a quanto detto all’inizio: il Masterplan rinuncia a dare al complesso monumentale l’identità e il valore che gli spettano, trattandolo come un Parco e una Villa qualsiasi, solo un po’ troppo grandi, dunque da spezzettare e affidare a chiunque purché paghi (esattamente quello che si è fatto con Halloween o il mercatino di Natale della Vision Plus), puntando sul numero delle manifestazioni e dei concessionari, e non certo sulla loro qualità o corrispondenza con la dignità del monumento e la fruibilità garantita al pubblico.

A medio-lungo termine, il declassamento di un patrimonio storico, culturale, paesaggistico come il complesso monumentale di Villa e Parco costituirebbe una perdita ingente di valore economico, in termini di afflussi turistici internazionali, per Monza e per tutta la Regione Lombardia, che il Masterplan avrebbe dovuto valutare.

Come si vedrà meglio nel prosieguo, è totalmente assente un reale percorso partecipativo che è, al contrario, ritenuto essenziale dagli stessi progettisti: “considerato che il Master Plan è strumento volontario, la sua efficacia è determinata da un processo di democrazia partecipativa, sostenuto da adeguati mezzi di comunicazione che utilizzino un linguaggio semplice e diretto capace di rivolgersi a un numero elevato ed eterogeneo di soggetti.. Il monitoraggio continuo delle fasi di attuazione consente di intervenire, in modo tempestivo ed efficace, introducendo le modifiche che si possono rendere necessarie nel corso del processo”.

Da quest’impianto è possibile comunque estrapolare alcuni elementi condivisibili fra cui:

  • l’affermazione che le concessioni sportive in atto restringono pesantemente e condizionano la fruibilità pubblica del bene;
  • l’offerta di una documentazione più estesa sullo stato di fatto;
  • l’affermazione della necessità di un sostegno dallo Stato analogo a quello di cui godono Venaria e Caserta;

In ogni caso, il Masterplan conferma tutte le realtà incompatibili oggi presenti nel Parco (autodromo, golf, tennis), si ferma a una banale conferma dell’esistente e rafforza il ruolo delle concessioni malgrado l’esperienza pregressa con i grandi concessionari del Parco che si comportano come proprietari delle aree e strutture che hanno in concessione, dimenticando che l’istituto della concessione è temporaneo, modificabile secondo le esigenze del concedente, passibile di essere messo a gara ed eventualmente non rinnovato”.
Entrando nel merito di alcune scelte, risultano non condivisibili:

  • a) Il cambio di destinazione d’uso del Serrone della Villa Reale, con la previsione di inserirvi attività commerciali: si tratta di una scelta aberrante, giustamente non condivisa dal Comune di Monza, anche tenendo conto del fatto che riguarda uno dei pochi spazi destinati, finora con successo, all’attività culturale espositiva, con tutte le caratteristiche del fabbricato adatte a questo scopo e che affaccia sul roseto che nel tempo ha acquisito rilievo internazionale;
  • b) La trasformazione in spazio direzionale dell’ala nord della Villa Reale;
  • c) La riconferma e il restauro della pista di alta velocità (sopraelevate) come presenza storico-culturale, che contrastano con la demolizione prevista dal PTC del Parco Valle Lambro (art. 17) e, in passato, da numerosi strumenti pianificatori. Finché resta, il Parco non sarà mai patrimonio Unesco. Da qui il nostro sostegno alla posizione del Comune di Monza contraria al finanziamento delle opere di restauro e alla destinazione a miglior causa dei fondi preventivati;
  • d) La formazione di un polo dello sport che investirebbe l’intera area nord del Parco, compromettendone il disegno originario e condizionando la fruizione pubblica agli interessi dei concessionari e alle manifestazioni sportivo/ricreative; sotto questo profilo suscita perplessità anche il progetto di ristrutturazione e “adeguamento” della piscina, anch’essa in perenne difficoltà economiche, sicuramente impattante e parte integrante e “prima pietra” della Cittadella dello Sport.
  • e) Il numero esorbitante di casine trasformate in punti di ristoro (11); tanto più che quella funzione ha visto il recente fallimento di quel tipo di attività (Villa Reale, Torretta, Cascina del Sole, ristorante in Villa, solo per citarne alcuni);
  • f) L’equiparazione Villa Reale – Autodromo che si configura come il tentativo di far assurgere l’Autodromo a uno status di presenza storico – “culturale”, al pari della Villa Reale, per giustificarne la compatibilità con il Parco;
  • g) Più in generale, non è assolutamente condivisibile la previsione del totale congelamento dello status-quo che ha portato alla frammentazione e alla compromissione del disegno originario, causato dall’inserimento delle grandi concessioni: sono riconfermate tutte le presenze “sportive”, riunite sotto la definizione di sistema degli attrattori sportivi di gioco relax e sosta, assunto a elemento costitutivo del Parco, malgrado tali presenze siano in contrasto con l’unitarietà del suo retaggio storico/architettonico. Non basta, infatti, sostenere come fanno i redattori del documento di pianificazione, che la presenza ormai tradizionale di queste attività (cioè: Autodromo, Golf, Tennis, Centro Ippico) rende un po’ astratto l’interrogativo sulla loro compatibilità con il carattere proprio del complesso come bene monumentale: il fatto che negli anni ’20 si sia fatta una scelta incompatibile con il Parco non giustifica il mantenimento e la perpetuazione di tale abuso. Il Masterplan sostiene, dunque, una politica delle concessioni che riconferma il carattere privatistico di oltre il 50% della superficie del Parco (tutta la parte nord con Autodromo e Golf e il Tennis club a sud), a cui si aggiungono le destinazioni commerciali di molti fabbricati presenti nel Parco (cascine). Del tutto assenti, invece, sono le specifiche sulla destinazione culturale del complesso Villa Reale e delle cascine che si salvano dalla commercializzazione; l’assenza di un approfondimento dedicato legittima il sospetto che si voglia rinviare il tutto alla contrattazione con i futuri concessionari, visti come forma gestionale necessaria e unica per l’auto mantenimento del complesso;
  • h) La preoccupazione di rendere economicamente in pareggio il bilancio economico di Parco e Villa non è sostenuta solamente dalla previsione di un semplice aumento del 1% dei canoni di concessione (a fronte di un’inflazione che nel 2022 ha raggiunto il 10%), mentre non viene preso in considerazione, se non come auspicio, il finanziamento tramite un contributo ministeriale costante come, invece, accade già ora per gli autodromi di Monza e Imola, oltre che per Venaria Reale;
  • i) sempre sul piano economico si osserva che il Masterplan, oltre che sulla governance, non ha fatto nessuna ricerca sui bilanci di enti comparabili con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza. Ad esempio la Venaria Reale, che è un riferimento ragionevole per Monza, presenta in modo ineccepibile ed estremamente leggibile un conto economico (ricavi e costi, compresi ovviamente oneri finanziari e ammortamenti) dell’ordine di 13. 5 milioni di euro (prev. 2022), di cui 5,5 milioni (il 41 %) recuperati con biglietterie, servizi, bookshop, sponsorizzazioni, ecc., e 8 milioni (il 59%) sostenuti dai consorziati.
  • j) Non risulta condivisibile la eventuale trasformazione del Consorzio in una Fondazione con la partecipazione diretta dei concessionari (autodromo e golf in primis). Il modello di governance risulta formulato in modo molto fumoso e per “addetti ai lavori”, lasciando trasparire l’impressione che nel Parco contino di più i concessionari che il Consorzio o che siano in conflitto;
  • k) Le previsioni decennali, sia di possibili ampliamenti dell’utenza sia di carattere economico, non sono sostenute da indagini e prospettazioni credibili. Manca un’indagine quantitativa relativa agli utenti e alle manifestazioni svolte, come emerge dal Progetto di monitoraggio del Masterplan;
  • l) Manca altresì un elaborato che riporti e metta a confronto gli esempi virtuosi di gestione di Parchi e Ville storiche in Italia e all’estero, analizzando anche la parte economica;
  • m) Manca una valutazione approfondita dell’impatto che potrà avere la fermata della metropolitana, che potrebbe incidere negativamente in termini di taglio di alberi, dell’asfaltatura (che compromette la permeabilità del terreno) e dell’utilizzo del parcheggio come interscambio per altre destinazioni. Ciò che preoccupa in particolare è l’assenza di una precisa identificazione dell’uscita della MM e l’eventualità che si preveda l’edificazione di un fabbricato fuori terra;
  • n) Anche sul piano economico-finanziario, per quanto trapela, il Masterplan mostra limiti evidenti che dipendono, per buona parte, da quella che abbiamo definito un’impostazione riduttiva, non orientata al valore effettivo dell’unicum rappresentato dal complesso monumentale, che dovrebbe suggerire di aspirare ad esempi prestigiosi, come Versailles, Schoenbrunn, Caserta. Ma tanta aspirazione mal si concilia con rendiconti e prospetti contabili lacunosi, che non contemplano, ad esempio, i costi degli ammortamenti, quelli non verificabili perché non indicati nei prospetti contabili relativi alle imposte e alla gestione finanziaria o contengono addirittura errori palesi. L’impressione che si ricava è che la preoccupazione principale sia quella di far balenare scenari positivi o addirittura straordinari, con tempistiche ampiamente protratte nel tempo (10, 25 anni) ma senza alcun riferimento prudenziale, stante la turbolenza del macrocontesto economico; e, soprattutto, senza chiarire nel dettaglio la pianificazione strategica e gli obiettivi a cui devono puntare gli investimenti del Masterplan, limitandosi a dare per certo che tutto lo scenario economico sarà positivo, si aumenteranno i posti di lavoro e ci saranno nuove concessioni da firmare.

PARTE TERZA-IL MASTERPLAN COME STRUMENTO NON ADEGUATO ALLO SCOPO: UNA PROPOSTA ALTERNATIVA

Vediamo di capire che cosa sia il Masterplan come strumento di pianificazione. Se si entra nel sito web di quel Masterplan (https://masterplan.reggiadimonza.it/) si dice tra l’altro che “Il Masterplan è un documento di indirizzo strategico che sviluppa un’ipotesi complessiva sulla programmazione di un territorio, individuando i soggetti interessati, le possibili fonti di finanziamento, gli strumenti e le azioni necessari alla sua attuazione.”
Poi, per una maggiore definizione, il sito rinvia a Wikipedia, la cosiddetta enciclopedia online, che al secondo capoverso chiarisce però che il Masterplan:
È uno strumento volontario che è liberamente condiviso e approvato dai soggetti interessati, siano essi pubblici e /o privati, da attuarsi mediante una o più intese ed è caratterizzato da processi partecipativi che sanciscono la validità del suo contenuto ai fini economici e sociali per i cittadini dei territori interessati dal progetto di programmazione territoriale. Non ha pertanto un valore prescrittivo intrinseco in quanto le azioni progettuali in esso contenute sono attuabili esclusivamente attraverso accordi fra i soggetti interessati e che possono essere modificati, di comune accordo, ogni volta che si ritenga necessario, poiché non è regolato da leggi. Nei paesi di lingua anglofona è stato usato per interventi di pianificazione e programmazione territoriale”.


Anche in altro sito web si legge:

(https://www.carteinregola.it/index.php/urbanistica/glossario/masterplan/: MASTER PLAN – strumento di indirizzo di iniziativa propria, non previsto dalle norme:
Il Master Plan (strumento di pianificazione anglofona) è un documento di indirizzo strategico, ma in certi casi anche operativo, che sviluppa un’ipotesi complessiva sulla programmazione di un territorio, individuando i soggetti interessati, le possibili fonti di finanziamento, gli strumenti e le azioni necessari alla sua attuazione. E’ uno strumento volontario, liberamente condiviso e approvato dai soggetti interessati, siano essi pubblici e /o privati, da attuarsi mediante una o più intese ed è caratterizzato da processi partecipativi che sanciscono la validità del suo contenuto ai fini economici e sociali per i cittadini dei territori interessati dal progetto di programmazione territoriale. Oltre a trattare di pianificazione e programmazione territoriale viene usato anche per azioni di programmazione settoriale, con particolare riferimento allo sviluppo dei sistemi di trasporto ed a complessi interventi di risanamento ambientale ed urbano, consentendo di sviluppare strumenti strategici condivisi di politiche territoriali.

Il Master Plan non possiede un valore prescrittivo intrinseco in quanto le azioni progettuali in esso contenute sono attuabili esclusivamente attraverso accordi fra i soggetti interessati e che possono essere modificati, di comune accordo, ogni volta che si ritenga necessario, poiché non è regolato da leggi. Per l’attuazione delle indicazioni di Master Plan è necessario che le azioni progettuali siano coordinate fra loro sia in termini di contenuti sia di dimensioni temporali e a tal fine potranno essere sottoscritti appositi accordi quadro o un singolo accordo di programma fra gli attori. Singole azioni progettuali sono infatti attuabili purché coerenti con la visione strategica complessiva del Master Plan e secondo cronoprogrammi concordati fra le parti sottoscrittrici (a tal fine deve indicare i tempi di attuazione, le risorse necessarie per sviluppare le azioni progettuali e i soggetti che devono farsi carico delle fasi realizzative degli interventi).

La stessa Regione Lombardia, nell’esprimere il parere di competenza sul PGT 2021 (allegato alla DGR 5532 del 16/11/2021) affermava che il Masterplan relativo all’Accordo di programma su Villa Reale e Parco di Monza, approvato con DPRG 850/2017, “è un piano strategico e non uno strumento urbanistico”.

Forse gli estensori si sono dimenticati che siamo in Italia e non ci risulta che quel Piano sia previsto, assistito e supportato da alcuna norma di legge nazionale o regionale. Non è un piano urbanistico cogente e vincolante. E’ un atto volontario non avente valore prescrittivo, sempre e comunque modificabile, peraltro senza che sia chiaro con quali procedure approvarlo e/o modificarlo. E nel caso il Masterplan sia assimilato a un programma, ci chiediamo se sia necessario che venga sottoposto a un procedimento di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) così come prevede la Direttiva europea 2001/42/CEE, il Dlgs 152 del 2006 e la Legge regionale 12 del 2005 (art. 4).

Facendo altre ricerche nel web con Google, si mostrano alcune immagini di Masterplan in Italia. Guardando tali immagini, ci sembrano una sorta di Piani di lottizzazione. Temiamo che anche il Parco di Monza venga diviso e confermato in alcuni lotti poi dati in concessione a soliti privati (Autodromo, Golf e altri più piccoli) anche per farne bar, ristoranti e stanze da albergo, esercizi che poi inevitabilmente falliranno come è successo anche recentemente in altri casi.

GLI STRUMENTI URBANISTICI SUL PARCO DI MONZA 1971 – 2022

Il PRG di Monza approvato nel ’71 e vigente sino al 2007, che quasi ignorava il Parco, tagliato quella parte a nord dalle tavole di azzonamento. Affrontava però quel problema con una lapidaria frase delle sue Norme Tecniche di Attuazioni dove, all’art. 21, zona Verde pubblico, si diceva tra l’altro: “…, per il Parco di Monza nessuna nuova costruzione.” Non fu poi così, come tutti possono facilmente verificare, soprattutto in zona “cittadella autodromo”, dove il ricorso allo strumento normativo delle “deroghe per pubblica utilità”, ha consentito nel tempo di modificare ed espandere pesantemente quell’impianto.

Se tralasciamo una ricerca redatta dal PIM (Piano Intercomunale Milanese) nella metà degli anni ’70, il primo vero studio organico sul Parco fu redatto dalla Facoltà di Architettura dell’Università di Genova, sotto il coordinamento della prof.ssa Annalisa Maniglio Calcagno.

Quello studio di riqualificazione paesistica, discusso in Consiglio Comunale nei primi mesi del 1991, nella sua “parte seconda” relativa alla riqualificazione paesistica del Parco, proponeva tra l’altro (a pag. 23): “la demolizione della pista sopraelevata dell’anello di alta velocità dell’autodromo, circuito ormai in disuso da molti anni, che taglia in due un’ampia porzione del parco e buona parte del famosissimo bosco bello”. Proseguiva poi: “Con l’eliminazione di questa struttura, inutilizzata e fortemente degradata, è possibile: recuperare all’uso pubblico un’ampia fascia boscata del parco, compresa tra il golf e l’autodromo”.

Gli anni ’90, furono fervidi di ulteriori proposte di ripristino, tutela e riqualificazione sul Parco. Un vero Piano Regolatore venne presentato in Consiglio comunale nel ’95 da Leonardo Benevolo (come noto, uno dei maggiori storici europei di architettura e urbanistica) ed era comprensivo anche di quell’area, alla quale era dedicato uno specifico elaborato di dettaglio e relative tavole grafiche allegate alla Relazione illustrativa, che indicavano come obiettivo da perseguire nel tempo, il restauro filologico dell’antico disegno del Canonica del Parco stesso.

Infatti a pagina 25 di quella Relazione si diceva: “Oggi il restauro del parco richiede tre modifiche principali: la rimozione dei resti abbandonati dell’ippodromo, la rimozione della pista d’alta velocità dell’autodromo, anch’essa fuori uso e non recuperabile, e le modifiche del percorso attuale necessarie al ripristino della continuità fisica e paesaggistica del viale Mirabello”. E poi proseguiva più avanti: “Si deve anche intervenire sull’area del Golf, con un ampliamento della zona boschiva e una parziale apertura al pubblico, in particolare per la ricostruzione del cannocchiale visivo dell’ex viale delle noci” (n.d.r.- tra autodromo e golf). E poi, ancora: “All’autodromo e il Golf si aggiunge una numerosa serie di altre di altre concessioni, limitative dell’uso pubblico”.

Come noto il Piano Benevolo venne adottato dal Consiglio comunale il 7 marzo del 1997 e rimase in salvaguardia per 5 anni con quelle indicazioni e alcune altre notevoli restrizioni.

Con un parere preventivo del 13 giugno 1996, con oggetto proprio quel Piano regolatore, la Soprintendente di Milano Lucia Gremmo, scriveva in modo molto chiaro:” Gli usi impropri che maggiormente incidono sull’area del complesso (ndr- del Parco) anche in relazione alla considerevole superficie occupata, e che, come tali, risultano altamente incompatibili con il carattere storico-artistico dello stesso sono: l’autodromo, con le relative attrezzature (campeggio, piscina, etc.) e gli abnormi afflussi di folla ed il golf, in quanto, come giustamente affermato dagli stessi progettisti, hanno rotto la sua (del Parco) unità spaziale e hanno condotto anche a un assetto frammentato delle masse arboree, in cui va perduta la grande dimensione che è il suo pregio principale. A ciò bisogna aggiungere, per quanto concerne il golf, la modifica morfologica del terreno”.

Non solo. In seguito alle forti proteste sorte per la proposta di abbattimento di centinaia di alberi per fare spazio alle vie di fuga per la pista, la Regione Lombardia aveva promosso e approvato a metà degli anni ’90 “Il piano 1997-98 per la rinascita del Parco di Monza” che prevedeva ben 35 progetti d’intervento e 20 miliardi di finanziamenti insieme ad altri Enti locali e organismi pubblici, finalizzati al “recupero ecologico – monumentale del Parco recintato più grande d’Europa” e per rimediare quindi a quella pesante situazione creatasi.

In quel Piano (in realtà un programma triennale), per quanto riguarda il Golf, si diceva, per esempio: “Anche l’impianto golfistico dovrà assicurare nel breve-medio termine, un più idoneo rispetto dell’ambiente del Parco, da cui oggi risulta sostanzialmente estraniato in relazione alla impossibilità di accesso pubblico, alla radicale trasformazione dell’assetto preesistente, alle condizioni di artificialità dell’ambiente così costruito. Ne consegue l’orientamento nel periodo più immeditato a: migliorare il percorso periferico nord-sud, per il transito del pubblico; provvedere alla progressiva ricostituzione di uno stato d’ambiente coerente con le caratteristiche storiche e naturali del Parco; valutare la possibilità di ricollocazione all’esterno del Parco.”

Si proponeva poi la ricostituzione del “Viale dei Carpini” tra Villa Mirabello e Mirabellino, fatto che ha portato alla cancellazione definitiva dell’ippodromo, da tempo in disuso, mentre in altre sue pagine si prevedeva l’abbattimento dell’anello di alta velocità dell’autodromo, pure dismesso da tempo.

Non vogliamo poi dimenticare il Piano territoriale di Coordinamento (PTC) del Parco della Valle del Lambro, vigente a tutti gli effetti dall’agosto del 2000, che all’art. 17 delle proprie Norme Tecniche, indica come obiettivi: …l’abbattimento delle curve sopraelevate del vecchio circuito motoristico” …e che i Comuni di Monza e intorno al Parco, in sede di variante urbanistica dei propri strumenti, provvedono … “anche mediante una programmata revisione delle concessioni amministrative in essere, finalizzata a ridurre gli spazi ad utilizzo pubblico limitato, o vietato” …

Non va altresì dimenticato il Piano di Settore per il Parco di Monza, redatto dal Centro Studi PIM nel 2001 su incarico del Parco regionale della Valle Lambro, che riafferma tra l’altro, nell’elaborato progettuale, a pagina 33:…“conseguente demolizione dell’anello di alta velocità del circuito, almeno per la parte interferente con la prospettiva dal Mirabello (curva nord e curva sud)” e, per quanto riguarda il golf:…“Ritocco del perimetro del golf nell’estremità settentrionale (spostamento di una buca), per favorire la continuità del percorso periferico nord-sud e nel confine meridionale per la ricostituzione di un ambiente di rispetto attorno alla testa del fontanile Pelucca.”. Quel Piano di Settore, contiene in allegato anche un’interessante schedatura di ogni singolo edificio presente nel Parco, tratta da altre numerose fonti (tutte citate).

Nel Piano di Governo del Territorio (PGT) del 2007, redatto ai sensi della nuova legge regionale 12 del 2005, il Parco era inserito nel Documento di Piano, negli Ambiti per servizi nelle schede numero 49a (Parco cintato), 49b (Villa reale) e 49c (viale Cesare Battisti di accesso alla Villa). Nelle schede 49 (a e b), richiamava anche al PRG di Benevolo e il Piano di Settore del PIM. Nel Piano dei Servizi, il Parco era classificato come zona F – Parchi territoriali e attrezzature di interesse generale e Zona A – Centro storico, zone di cui al Decreto Interministeriale 1444 del 1968. Quel Piano restò in vigore fino al 2017, quando venne sostituito da un nuovo PGT.

Il PGT 2017, rimasto in vigore fino al 2022, inseriva il Parco e la Villa nel Piano dei Servizi che, all’art. 13 delle sue Norme di attuazione prevedeva di escludere nuove edificazioni nel Parco, se non nell’area dell’autodromo. Infatti stabiliva: “Per le aree libere da edifici non comprese tra quelle dell’impianto dell’Autodromo vale quanto previsto dall’art.10 (ndr – Aree a Verde), con esclusione della possibilità di introdurre nuovi volumi.” La Villa reale era considerata un’attrezzatura di carattere generale (Aree S).

Nel successivo PGT 2022, vigente dal 2 febbraio2022 (Burl SAC n. 5) , quella norma è stata modificata e ora, tra l’altro, dice: “In tutte le aree comprese nel Parco di Monza, comprese le aree dell’impianto dell’autodromo, si applica quanto previsto dall’art. 17 delle Norme Tecniche Attuative del Piano Territoriale di Coordinamento (PTC) del Parco regionale della Valle del Lambro; tale articolo è parte integrante delle presenti norme, ad eccezione di quanto previsto dal comma 4 in merito alle sopraelevate del vecchio circuito motoristico, essendo di queste prossimo il riconoscimento di vincolo storico e monumentale. Nel caso di variante a tale normativa del PTC Valle Lambro, il Comune provvederà alle eventuali modifiche del PGT.”

E poi, in altro capoverso del nuovo art. 13, inserito in sede di approvazione finale dei quella variante normativa (CC 98 del 20/12/2021), il quale dice: “Gli obiettivi di valorizzazione, potenziamento, riqualificazione degli spazi di pubblica fruizione dell’art. 17 del PTC del Parco regionale della Valle Lambro, vengono definiti attraverso il Masterplan secondo le modalità e con gli obiettivi delineati nel Documento di indirizzo e nelle Linee guida allegate all’ADP (approvato con DPGR n.850 del 22/12/2017) per la valorizzazione del complesso monumentale Villa Reale e Parco di Monza.”

Quindi viene introdotto per la prima volta (se non nelle concessioni dell’autodromo) il restauro delle sopraelevate; il Masterplan (già previsto nel DPGR 850/2017 – ADP per Villa Reale e Parco di Monza). Si cerca poi di prefigurare il superamento dei vincoli del PTC del Parco Valle Lambro (art. 17 delle sue Norme) relativamente alla demolizione delle curve sopraelevate del vecchio circuito motoristico.

LA NOSTRA PROPOSTA

Le considerazioni sopra svolte ci consentono di dire che l’attuale Masterplan non è uno strumento adatto per un restauro di un complesso storico – monumentale come quello costituito dal Parco e dalla Villa Reale (ora Reggia di Monza). Infatti dalle indiscrezioni trapelate e pubblicate anche sulla stampa, questo strumento, nei suoi contenuti, non risulta essere adatto per perseguire quella finalità, sia perché non assistito da alcuna legge nazionale o regionale, e quindi non vincolante, sia perché carente di alcune analisi storiche sia perché si focalizza soprattutto sugli usi degli edifici esistenti molto spesso reiterati (es. ricettivo e ristorazione) e tutti da dimostrare come sostenibili. Il Masterplan pare più uno strumento che cerca di vendere un prodotto qualsiasi che non a recuperarlo e restituirlo al suo antico splendore.

Per questi motivi, riteniamo che lo strumento più adatto per affrontare questi temi sia quello del Piano Particolareggiato, ai sensi della legge 1150 del 1942 (art. 13 e seguenti), con le sue chiare procedure di redazione, adozione e approvazione. Anche l’occasione della revisione del PGT vigente (ora avviata) possa essere l’occasione per stabilire quella prescrizione per quella zona, da considerarsi come fosse un Centro storico da trattare in forma vincolante (con Norme chiare) in ogni sua parte sia per gli edifici esistenti da restaurare sia per normare gli usi compatibili anche di tutti gli spazi liberi. Pensiamo che sia necessario uno strumento urbanistico normato da legge e non un semplice documento di indirizzo, di gestione e di marketing indirizzi che poi molto spesso vengono interpretati con assoluta discrezionalità e documenti che rimangono poi dimenticati in qualche armadio degli enti coinvolti.

A nostro parere, un possibile esempio da seguire è quello costituito dalle Tavole grafiche, dalla Relazione e dalle Norme del PRG redatto dalla Studio Benevolo con l’assistenza di Massimo de Vico Fallani (si veda il loro curriculum), Piano urbanistico poi adottato dal Consiglio comunale il 7 marzo 1997 (CC n. 23).

Noi riteniamo che quelle Tavole, la Relazione di Massimo de Vico e le Norme possano costituire ancora oggi un riferimento basilare per la redazione di un Piano urbanistico particolareggiato per il Parco e la Villa Reale. Ribadiamo che l’obiettivo dovrebbe essere il restauro filologico e la tutela da tutti gli usi incompatibili di quella parte della Città di Monza.


Seguono le adesioni:

Comitato per il Parco Antonio Cederna
Comitato La Villa Reale è anche mia
Circolo Legambiente Alex Langer – Monza CCR – Gruppo Ambiente e Territorio
Italia Nostra sezione di Monza
Comitato Blandoria
Comitato Boito Monteverdi Comitato Buon Pastore
Comitato Salvaguardia Buon Pastore Comitato Ospedale Umberto I Comitato S. Albino
Comitato San Fruttuoso Bene Comune Comitato Triante
Comitato Viale Lombardia 246
Osservatorio Antimafie MB “Peppino Impastato” SaiCosaVorremmoInComune
Comitato Bastacemento Comitato Aria Pulita Monza


Monza, 27 maggio 2023.